SONO IMPIGNORABILI LE RIMESSE SU CONTO CORRENTE AFFIDATO MA CON SALDO NEGATIVO

SONO IMPIGNORABILI LE RIMESSE SU CONTO CORRENTE AFFIDATO MA CON SALDO NEGATIVO

Si prende in disamina una recentissima sentenza della Corte di Cassazione  (Sez. III, n. 36066 del 23.11.2021) che ha affrontato, nell’ambito di un giudizio, promosso dai creditori procedenti, di accertamento dell’obbligo del terzo pignorato (che aveva reso dichiarazione di quantità in senso negativo), la questione relativa al pignoramento di conto corrente affidato con saldo negativo, così statuendo: “In ipotesi di contratto di conto corrente bancario affidato con saldo negativo, il creditore non può pignorare le singole rimesse che, affluite sul conto del debitore, hanno comportato la mera riduzione dello scoperto, ma eventualmente il solo saldo positivo, atteso che il contratto in questione dà luogo ad un rapporto giuridico unitario, composto da poste attive e passive, che non si risolve a seguito del pignoramento”.

Orbene, con tale pronunzia la Suprema Corte ha consolidato principi di diritto già dalla stessa affermati in passato – in tema di pignoramento del saldo derivante da un rapporto di conto corrente bancario che risulti affidato in virtù di un contratto di apertura di credito – con le sentenze nn. 6393 del 30/03/2015 e 1638 del 25/02/1999.

Pertanto, secondo i richiamati arresti giurisprudenziali: “1) non è autonomamente pignorabile, in sé, la mera disponibilità derivante al correntista in virtù del contratto di apertura di credito bancario; 2) con riguardo al rapporto di conto corrente bancario, è d’altra parte pignorabile in danno del correntista solo il saldo attivo del rapporto, non le singole rimesse che affluiscono sullo stesso; 3) di conseguenza: 3.1) se al momento del pignoramento il saldo del rapporto in conto corrente è negativo, le eventuali successive rimesse a favore del correntista non determineranno necessariamente l’esistenza di un credito pignorabile, se non nella misura in cui esse siano tali da rendere tale saldo positivo, e comunque nei limiti di tale saldo positivo; 3.2) le conclusioni appena esposte valgono anche nel caso in cui il saldo negativo del rapporto in conto corrente deriva da un’apertura di credito non completamente utilizzata e che lo sia successivamente, considerato che nè il contratto di apertura di credito, nè quello di conto corrente bancario si sciolgono a seguito del pignoramento.

In definitiva, nel caso in cui, al momento della notificazione del pignoramento avente ad oggetto il credito costituito dal saldo del rapporto di conto corrente bancario, quest’ultimo sia negativo, bisogna distinguere: a) se successive rimesse a favore del correntista rendono il saldo positivo, tale saldo positivo sarà automaticamente assoggettato al pignoramento e vincolato in favore del creditore procedente (di modo che, nei limiti dell’importo di detto saldo positivo, ulteriori successive rimesse negative non gli saranno opponibili e non lo potranno pregiudicare); b) se ciò non avviene, se cioè, nonostante le successive rimesse a favore del correntista, il saldo del rapporto resta comunque negativo, ciò comporta che, in concreto, non può mai ritenersi venuto in essere un credito del cliente (debitore esecutato) assoggettabile al vincolo del pignoramento (anche se ciò avviene perché, in virtù di ulteriori utilizzazioni della disponibilità derivante dall’apertura di credito, nonostante intervengano rimesse di importo complessivamente superiore all’originario saldo negativo, il saldo stesso resta comunque negativo in ogni momento del rapporto)”.

Argomentano i Giudicanti che, nel rapporto di apertura di credito bancario, la banca si impegna a tenere a disposizione del correntista una determinata somma ed il correntista resta obbligato alla restituzione di essa (sia pure potendola utilizzare in più volte e potendo ripristinare l’originaria disponibilità), senza che quest’ultimo possa ritenersi titolare, prima che abbia utilizzato la provvista, di un bene assoggettabile ad espropriazione, perché si tratta di un rapporto negoziale in cui è la banca a concedere credito al correntista ed in relazione al quale, quindi, la posizione del correntista è quella di debitore, non di creditore della banca. Del pari, le rimesse a favore del correntista che affluiscono sul conto corrente non sono beni – e, tanto meno, crediti – ma attribuzioni patrimoniali, onde esse non possono di per sé ritenersi suscettibili di espropriazione: oggetto di espropriazione possono essere infatti i beni patrimoniali oggetto delle attribuzioni, non le attribuzioni in quanto tali. Dunque, è da ritenersi assoggettabile ad espropriazione il saldo attivo del rapporto di conto corrente bancario, in danno del correntista e presso la relativa banca (terzo pignorato, debitor debitoris): in tal caso, oggetto del pignoramento è esclusivamente il credito del cliente nei confronti della banca, rappresentato dal saldo del rapporto tra gli stessi intercorrente. Resta, comunque, valido il principio per cui, se il saldo del rapporto di conto corrente bancario è negativo al momento della notificazione del pignoramento, le eventuali successive rimesse possono comportare ugualmente il sopravvenuto perfezionamento del pignoramento solo se (e nei limiti in cui) esse siano di importo tale da rendere il saldo positivo, ma non se riducono semplicemente l’ammontare del saldo negativo.

La Corte nella sentenza in commento ha, altresì, ampiamente motivato le ragioni per cui non ha ritenuto decisive le obiezioni, soprattutto di carattere “pratico”, mosse alla suddetta ricostruzione dai creditori procedenti.

Secondo una prima censura formulata da questi ultimi, il principio di diritto esaminato comporterebbe l’anteposizione della soddisfazione di crediti (anche successivi) della banca rispetto a quella del creditore pignorante. In proposito, i Giudici di legittimità hanno considerato che la mera notificazione di un atto di pignoramento avente ad oggetto il saldo del rapporto in conto corrente bancario non attribuisce, di per sé, al creditore pignorante, alcun privilegio o preferenza rispetto al pagamento di altri creditori, anche successivi al pignoramento, con altri beni del patrimonio del debitore. Di conseguenza, la Corte ritiene del tutto legittimo che, qualora il pignoramento del saldo del conto corrente bancario non si perfezioni al momento della notificazione del pignoramento perché il detto saldo risulta negativo, la banca possa ottenere dal cliente il pagamento di altri suoi crediti (anche eventualmente sorti successivamente al pignoramento).

Si motiva, altresì, in sentenza che l’espropriazione forzata e, quindi, il pignoramento, può avere ad oggetto esclusivamente beni, mobili ed immobili, di cui sia titolare il debitore – e, tra questi, anche i crediti che questi vanti nei confronti di terzi – e non anche il mero diritto che il predetto debitore vanti ad ottenere a sua volta credito da terzi, in quanto in tal caso egli non potrebbe ritenersi titolare di un credito, cioè non potrebbe ritenersi titolare di una posizione giuridica attiva che gli garantisca la disponibilità di un bene patrimoniale, ma esclusivamente del diritto a diventare titolare del lato passivo della relativa obbligazione, quale debitore.

Precisano ancora i Giudici di legittimità che il contratto di apertura di credito bancario in conto corrente non si scioglie con il pignoramento e, di conseguenza, la banca – sempre che il saldo del conto non diventi mai attivo per il correntista – può ben continuare a concedere al correntista la disponibilità promessa, così determinando l’incremento del proprio credito e, correlativamente, l’esposizione del correntista debitore, anche se nelle more siano intervenute rimesse tali da ridurre tale esposizione. In questa eventualità, infatti, la banca resta sempre creditrice del correntista, e non ne diviene mai debitrice, quindi non viene mai ad esistenza un credito del correntista nei confronti della banca che possa comportare il perfezionamento del pignoramento in origine negativo; anche perché non vi sono disposizioni normative che vietino al terzo pignorato, in caso di pignoramento negativo, di concedere (ulteriore) credito al suddetto debitore esecutato e di incassare parziali pagamenti sui propri crediti, se non diventa mai suo debitore.

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